giovedì 27 ottobre 2011

Nessuno li può giudicare

"Nessuno mi può giudicare", cantava al Festival di Sanremo tanti anni fa Caterina Caselli.
Seguendo le cronache italiane quella canzone potrebbe essere scelta come nuovo inno nazionale al posto di "Fratelli d'Italia".
Non sappiamo da chi incominciare per indicare i nomi dei nuovi cantori, da candidare al prossimo festival sanremese.
Partiamo dall'ultimo. Martedì sera nel corso della trasmissione "Ballarò" Gianfranco Fini ha reso noto che tra i baby pensionati italiani figura la moglie di Umberto Bossi, andata in pensione quando aveva appena compiuto 38 anni.

Questa rivelazione ha scatenato un putiferio nell'Aula di Montecitorio. Tutti compatti i deputati della Lega hanno spalleggiato con urla e strilli il loro capogruppo mentre costui chiedeva le dimissioni del Presidente della Camera.
Al coro padano si sono associati i parlamentari del Pdl al grido di "Dimissioni, dimissioni".
Come si è permesso Fini di rendere pubblica una notizia vera, fondata, incontestabile? Ma soprattutto, come si può giudicare la moglie del Senatur?
Anche l'ineffabile Fabrizio Cicchitto, l'ex leader della sinistra lombardiana nel vecchio e glorioso Partito Socialista, transitato per la loggia segreta P2 del venerabile Licio Gelli, approdato infine alla corte di Berlusconi, si è associato alla richiesta di dimissioni perché "il presidente della Camera ha partecipato ad un dibattito televisivo".
I vicepresidenti di Montecitorio Maurizio Lupi e Rosy Bindi possono farlo,ma Fini no. L'insorgenza dei padani e dei berlusconiani muove da un presupposto che di istituzionale non ha un bel niente. In quale regolamento, in quale legge sta scritto che il presidente della Camera non può partecipare ad un dibattito politico? La ragione vera della protesta è un'altra. Sempre per tornare alla Caselli quella sua canzone di grande successo diceva anche: "La verità mi fa male e tu lo sai".
L'Oscar di coloro che non vogliono essere giudicati naturalmente compete senza discutere al Cavaliere. Processo Mills (per corruzione), processo Mediaset (per frode fiscale), processo per sfruttamento e istigazione alla prostituzione (caso Ruby, la marocchina spacciata per nipote di Mubarak).
In fase istruttoria la vicenda Lavitola-Tarantini, due specchiate figure, stretti collaboratori del signor B.; la illegale registrazione di una telefonata di Fassino a Consorte, presidente dell'Unipol e ci fermiamo qui.
In ordine del filo della memoria ricordiamo altri personaggi che non intendono farsi giudicare.
Il collaboratore di Tremonti, l'onorevole Milanese; la storia della P3 che vede come imputati oltre all'onnipresente Bisignani, l'onorevole Papa (tutt'ora in carcere); l'onorevole Dell'Utri (già condannato a sette anni perché colluso con la mafia)sempre sotto questo titolo nobiliare va ricordato il ministro dell'Agricoltura Romano.
È di queste ore il ritorno sulla ribalta giudiziaria il nome del presidente del Senato Schifani e quello del coordinatore del Pdl Verdini.
Pende come una storica spada di Damocle l'inchiesta sulla compravendita di parlamentari in numero sufficiente per garantire la maggioranza allo sgangherato governo.
Attenzione però, nessuno può giudicare. Questa è la regola dell'era berlusconiana.E basta con le persecuzioni delle toghe rosse e dei giornali della sinistra contro l'immacolato presidente del Consiglio.



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