venerdì 21 ottobre 2011

I GRECI SONO COSTRETTI A TORNARE NEI CAMPI


La gente sta tornando nelle fattorie che aveva abbandonato anni fa per poter coltivare patate, cavoli e verdure nel tentativo di superare la crisi”, afferma Petros Citouzouris, mentre pota la sua vigna nelle montagne di Nasso, la più grande isola delle Cicladi. In Grecia, la catastrofe finanziaria sta inghiottendo le zone più isolate del paese.
Indicando dei terrazzamenti recentemente coltivati vicino a una lunga e derelitta colonia a Sifones, Citouzouris dice che dall'inizio della crisi “costruttori disoccupati, minatori e pensionati hanno iniziato a fare ritorno alle fattorie di famiglia che avevano ereditato una generazione fa, ma dove non avevano mai lavorato”. Egli calcola che dieci delle venti fattorie vicine appartengono a nuovi arrivati. “Non vedono la luce alla fine del tunnel”, afferma: "Non riusciranno a coltivare abbastanza da poterci sopravvivere, ma li aiuterà a cavarsela.” Si dice contento di non aver mai lasciato il suo terreno durante gli anni del boom greco.

Il disastro economico intacca ogni parte di Nasso, creando un atmosfera che va dall'ansietà più o meno velata, alla disperazione pura fino a un timore generale che, per quanto le cose oggi possano andare male, domani andranno peggio. L'isola rimane straordinariamente bella, con le sue rovine antiche e le torri veneziane, i bianchi villaggi e i terrazzamenti ben irrigati abbarbicati sui lati delle montagne, che si innalzano al di sopra di profonde valli verdi. Ulivi e vigneti rigogliosi nel terreno fertile che ha attratto i coloni per cinquemila anni.
Ci sono stati ancora turisti quest'anno, per il sollievo dei proprietari di alberghi e taverne, ma il resto dell'economia avvizzisce ogni settimana e gli abitanti di Nasso si preparano al peggio. Katarina Sideri, che gestisce corsi di formazione professionale nel paesino di montagna di Chalki, afferma: “La gente crede che i loro figli se la passeranno molto peggio.” I suoi corsi hanno 48 posti e ha ricevuto 200 iscritti, molti dei quali sono persone altamente formate e bilingue, ma che non riescono a trovare lavoro.
Al contrario dell'egocentrico mito nordeuropeo di una Grecia che si crogiola inetta e beata a spese delle banche straniere e dei prestiti dell'UE, quello che più colpisce delle 18.500 persone che vivono a Nasso è quanto lavorino sodo. Molti hanno sempre avuto più di un lavoro, nessuno ben pagato.
Tradizionalmente gli operai edili sono anche fattori, possessori di pecore, capre, ulivi e vigne. Spesso il denaro in più viene usato per l'istruzione dei figli in modo da mandarli all'università e fargli avere lavori migliori dei loro genitori.
Queste aspettative stanno collassando. Nasso è piena di giovani altamente qualificati e disoccupati che non riescono a trovare uno straccio di lavoro. “I giovani elemosinano un impiego”, afferma Manoulis Koutelieris, un costruttore che dà lavoro a dieci persone: “La notte scorsa mi ha chiamato qualcuno per chiedermi un lavoro e stava piangendo.” Dice che il tasso ufficiale di disoccupazione dell'isola è del 20%, ma crede che la cifra reale sia ben più alta, circa il 35%.
Katerina Sideri ritiene che l'impatto della crisi è graduale ma inesorabile. Una volta che i turisti se ne vanno, nessuno spende soldi e i negozi e le taverne rimangono tristemente vuoti.
Dieci anni fa Ioanna Verikokou ha avviato con successo un'attività di catering per quei turisti che volevano vivere la vita del paesano greco. “Avevamo clienti da tutto il mondo”, sospira mentre ricorda i bei tempi, dato che negli ultimi due anni le prenotazioni si sono prosciugate.
Mentre parlava, suo marito Manoulis è entrato nella stanza con un bidone di latte di capra che aveva munto. Con aria stanca e abbattuta, dice: “Ho lavorato per 22 anni in un cementificio, ma non vengo pagato da febbraio. Quando prendiamo un ordine nessuno paga la compagnia per cui lavoro, quindi loro non possono pagare me.”
Le speranze dell'aspirante classe media andranno pur dissolvendosi, ma i guai veri sono altri. I tagli nelle spese del governo hanno colpito coloro che a mala pena riuscivano a sbarcare il lunario. In una casa angusta nella città vecchia di Nasso, Irene Polykretis spiega che lei e suo marito Panagiotis, pescatore, sono sempre stati poveri. “Quando ero giovane non potevamo permetterci l'aspirina”, dice. Grazie alla sua dote, che consisteva in una piccola barca da pesca, Panagiotis ha guadagnato abbastanza per mantenere la sua famiglia, avendo anche un lavoro come spazzino al porto.
Ma recentemente questa famiglia è stata colpita da una serie di disastri. La barca è stata danneggiata dall'onda di un motoscafo e Panagiotis non può permettersi di ripararla. Suo figlio è rimasto ferito nell'incidente e non può lavorare. Poi il governo ha deciso che stava spendendo troppo per il sussidio familiare di Irene e quindi ne ha sospeso il pagamento fino a fine anno. Panagiotis è molto amareggiato. “Nessuno ci offre aiuto”, dice: “Per loro siamo come spazzatura.”
Il numero di abitanti di Nasso le cui vite sono state fatte a pezzi dalla crisi finanziaria è ancora limitato, ma c'è un timore insinuante per il futuro. Il vicesindaco di Nasso, Dmitris Lianos, si occupa di promuovere il turismo ed è ottimista visto l'alto numero di turisti che visitano l'isola, sebbene spendano meno del solito. Afferma che Nasso potrebbe finire meglio del resto della Grecia, ma “ogni giorno ci aspettiamo notizie peggiori da Atene”.
Queste brutte notizie non hanno tardato ad arrivare. I salari degli impiegati statali e dei pensionati sono stati ridotti.
Molti abitanti dell'isola hanno una casa di loro proprietà e aspettano con timore di vedere quanto dovranno pagare con la nuova tassa sugli immobili. “Il governo ha davvero trovato l'oro”, ha dichiarato tristemente il padrone di una casa. La nuova tassa viene esatta tramite le bollette dell'elettricità, minacciando implicitamente che il mancato pagamento comporterebbe la sospensione della fornitura del servizio, sebbene rimangono ancora dei dubbi sulla fattibilità della cosa.
A chi danno la colpa gli abitanti di Nasso? Il vicesindaco Lianos incolpa le banche di concedere prestiti facili a chiunque e afferma: “Le banche hanno facilitato la follia dei greci. Offrivano prestiti per festeggiare il Natale o per la luna di miele. Vivevamo in un mondo fantastico fittizio.” Al momento le banche non stanno facendo pressione per il rimborso, ma la gente ha paura di ciò che succederà quando lo faranno.
I prestiti rischiosi erogati dal casinò capitalista sono stati una caratteristica comune delle crisi economiche da Atene a Lisbona, a Dublino e oltre. Nel soffrirne le disastrose conseguenze, i greci non sono tanto diversi da altri, ma sono d'accordo con gli stranieri nel denunciare il loro sistema di governo come singolarmente incompetente, burocratico e corrotto. Marolis Margaritis, sindaco della municipalità di Nasso, che cerca di non pensare al peggio per il futuro, afferma semplicemente che “lo Stato è inefficiente”. Si dispera nel vedere come Atene conceda alle municipalità maggiore responsabilità per l'istruzione e, in futuro, per la sanità, senza procurargli più fondi. Dice: “Abbiamo scuolabus e 62 scuole da mantenere, ma non abbiamo ricevuto un centesimo di più. Senza altro denaro è quasi impossibile che la giunta comunale funzioni.”
Nell'insieme, a Nasso si avverte una minore circolazione di denaro nel corpo della società. Benché l'edilizia sia l'unica industria ad aver collassato, anche tutto il resto sembra fragile. Gran parte delle attività vengono avviate grazie a titoli di credito che non sono cedibili e che potrebbero non essere onorati alla scadenza. Manoulis Koutelieris, il contraente, dice: “Ho 30.000 euro in assegni emessi a vuoto. Cosa posso fare? Non si possono portare tutti in tribunale.”
Le lamentele sulla burocrazia bizantina sono una costante. Yannis Karpontinis, che possiede una cava di marmo, descrive con dolore davanti a un bicchiere di raki come non sia riuscito nell'arco di due anni ad aprire una cava che apparteneva alla sua famiglia e che aveva affittato in precedenza, per la quale aveva bisogno di tutto un insieme di nuove licenze. Di fronte alla crisi sta cercando con un po' di successo di rendersi autosufficiente, producendo in proprio pane, olio, vino e persino sapone. Seduto accanto a lui il suo amico Michael Diskalakis, un ingegnere elettrico, si lamenta del fatto che “se vuoi una licenza per aprire una piccola edicola, ti ci vuole moltissimo tempo”.
Sia Karpontinis che Diskalakis vedono una Grecia che frana verso un collasso sociale ed economico che non può essere evitato. “Per ora sarà la classe media a pagare più tasse, perché non sono spaventati dalla bancarotta dello Stato e dalla perdita dei depositi delle banche”, dice Diskalakis: “Ma quando si accorgeranno che la bancarotta è inevitabile, smetteranno di pagare e abbandoneranno il governo.
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